DAL FAGGETO
ALL'ALCHIMIA

LE ANTICHE TECNICHE DEL GRUPPO "NAMIAS"

Un lungo percorso tortuoso in auto da VEROLI (FR) verso la montagna e poi, all'improvviso, un altopiano sterminato ricoperto da un bosco di faggi, quasi una foresta incantata. Era una delle sorprese del 47° Congresso FIAF. l'altra sorpresa era l'esposizione collettiva "Fotografia -Antiche Tecniche" del gruppo "Rodolfo Namias". Poiché noi fotografi siamo dei sognatori e, come si sa, il sogno è un combinato di emozioni di diversa origine, nel mio sogno ad occhi aperti le due sorprese, quella del
Fabio Amerio - stampa al platino

faggeto e quella delle Antiche Tecniche, sono entrate in combinazione. Ho frequentato molti boschi ma l'"habitat" che la sorte mi ha riservato, fin da giovane, è quello alpino ed i miei boschi sono sempre stati di conifere, penetrati da raggi dalla dominante sempre verde, perciò, quando, per la prima volta, mi cono trovato nel fiabesco faggeto, ho avvertito una sensazione del tutto nuova: la primavera non aveva ancora fatto rinverdire le chiome degli alberi, il piede affondava su un tappeto umido di foglie dal colore bruciato.

Ero immerso in una dominante calda, dorata, perdutamente romantica. Ho compreso appieno, finalmente, il significato dei "seppia" che intonano le immagini dei fotografi fine '800 e delle "terre di Siena" che, prima ancora, erano privilegiate dagli incisori. Ho associato queste tonalità ad altre simili, notate poche ore prima nella rassegna delle "Antiche Tecniche". Mi è venuto il desiderio di andare a riconsiderare con maggiore attenzione quelle fotografie delle quali mi era rimasta soltanto una vaga impressione di alberi trattati con un certo manierismo. Fu così che, con l'amico Mario Stellatelli, sensibile creatore di cromatismi e alchemico artefice di intonazioni, rivisitai la rassegna dedicandovi il tempo e l'attenzione che meritava. Illuminati com'eravamo dalla visione poetica del faggeto, abbiamo riletto le immagini fotografiche e formulato alcune riflessioni. Provo a trascriverle, con l'ingenuità di un profano in materia di tecniche specifiche, ma con un occhio particolare ai valori formali delle immagini ed alla loro sostanza espressiva, confortato del fatto che Roberto Lagrasta, coordinatore del gruppo, ci presenta il "Rodolfo Namias" come movimento tecnico-artistico.

LUCE, TONO, SUPERFICIE.
Dei tre sostantivi, il primo è strettamente legato alla grafia con la luce, il secondo è preso in prestito dalla musica, il terzo indica uno spazio ove le luci ed i toni si amalgamano con la complicità di misteriose sostanze e di chimiche virtù, spesso facendo assumere alla superficie stessa caratteristiche tridimensionali. A dispetto di un "destino nettamente industriale" (1) della fotografia, si è tentato oggi

di proporre una sorta di processo di intonazione adatto alle moderne emulsioni; operazione che, a mio parere, sta volgarizzando un prezioso aspetto della cultura fotografica, indirizzandola verso una pericolosa direzione "midculturale" (2). Basta confrontare le piatte, monocrome, fredde emulsioni su supporti politenati prodotti industrialmente, trattati con i due rapidissimi bagni di intonazione commercializzati oggi, con le superfici delle resinotipie di Paolo Pasini, con le oliotipie di Rocco Casaburi
Rocco Casaburi - Resinotipia

o con le gomme multiple di Fabio Leoni, per accorgersi che le attuali mistificazioni hanno il gusto delle pietanze precotte somministrate sbrigativamente nelle mense aziendali, mentre le opere, esposte nella rassegna di Fiuggi, dal gruppo "Namias" sono ghiotte come i manicaretti che solo le vecchie nonne sanno preparare. Appare evidente, infatti, che l'azione mordenzatrice agisce sulle gelatine di rilevante e discontinuo spessore,

 

stese artigianalmente su supporti cartacei, in modo vario, saturando pigmenti e costanze colloidali da sopra e da sotto, attraverso le fibre del supporto, conferendo perciò all'immagine un autentico valore "espressionistico". D'altra parte l'espressionismo in pittura è maturato proprio nel periodo in cui i fotografi sono passati dal Dagherrotipo alle albumine, al collodio, alle gelatine, alle gomme; materie malleabili, umide, oleose come gli oli e le tempere dei pittori; questi realizzavano la sintesi espressionista con le pennellate, i fotografi con i pigmenti e le intonazioni. Poi, con l'avvento delle emulsioni al clorobromuro rapido ed al bromuro, non ha avuto più senso giocare con gli storici encausti. Il merito di natura tecnica dei componenti del gruppo "Rodolfo Namias" non sta semplicemente nel trasformare un foglio da disegno in carta sensibile (ci sono Case produttrici che ci forniscono queste superfici gia sensibilizzate), bensì quello di coltivare un artigianato ormai desueto ai fini, soprattutto, dello studio filologico, dell'identificazione, della conservazione e restauro di quei beni culturali che sono le fotografie storiche. Sotto questo aspetto, bisogna dire che quasi tutte le opere dei nove componenti il gruppo
Rocco Casaburi - stampa all'olio

"Namias" conservano l'aura del "pezzo unico" e quindi della non riproducibilità, nel senso che vanno contemplate dal vero, nessuna trasposizione litografica potrebbe mai dare la sensazione del loro "spessore", inteso sia dal punto di vista fisico che estetico.

POETICA E STILE.
Perché i nove fotografi del gruppo "Namias" non hanno registrato il fascino e l'atmosfera dei loro soggetti privilegiati usando una pellicola a colori?

Perché tra i faggi del bosco di Veroli non mi è venuto in mente di fotografare a colori ?
Perché la più grande fotografia di moda, da Avedon a Toscani, è sempre in bianco e nero?
Nostalgico ritorno alla poesia delle cose passate o semplice rifiuto di un cromatismo che strilla a tutti i costi nel moderno repertorio di immagini?
I quesiti trovano una sola risposta: il bravo fotografo si pone dinanzi al proprio soggetto sempre con atteggiamento di sfida; egli non vuole portarsi a casa la copia del reale ma la propria interpretazione del reale, egli vuole fotografare più quello che c'è dentro di sé che quello che è visibile al di fuori di sé.
Lo provano le riflessioni dei nostri autori, trascritte come guida di mostra nello spazio espositivo di Fiuggi:


- "..il ritratto è un dialogo che si svolge fra due soggetti: chi scatta la foto e chi si viene a trovare davanti all'obiettivo. La stampa finale parla di entrambi..."
(Paolo Pasini).


- "...l'albero e l'uomo, entrambi scossi da tempeste ...una vita ... una fugace traccia, un'impronta lasciata alla discrezione di un soffio di vento."
(Roberto Lagrasta).


- "le stampe propongono delicati passaggi .... ove lo sguardo si adagia e la contemplazione si trasforma in sogno..."
(Fabio Amerio).


- "...contrapposizione tra vero e finto, ove una particolare silhouette fa temere il prevalere del secondo sul primo"
(Giampietro Bottani).


- "...momento di ritrovo per il presente,... momento di confronto con il passato; in entrambi i casi ci fa percepire il trascorrere del tempo"
(Fabio Leoni).


- "...rivalutare l'immenso patrimonio artistico ... nell'occasione, la zona di Pompei con i suoi scavi"
(Carmine Napolitano).


- "...se l'uomo continuerà a tagliare alberi, a fare scempio del mondo in cui vive, andrà incontro al suicidio"
(Rocco Casaburi).

- "....Turchia .... alchimia di oriente ed occidente, che là si incontrano senza fondersi ...proprio come i colori dei viraggi"
(Lamberto Formiconi).

- "...monumenti ... nella decadenza ed abbandono, immobili e pur vivi testimoni del tempo..."
(Nicola Salza).

Concetti come questi, ove tempo, sogno, dicotomie tra uomo e natura rifiutano la pretesa realistica del colore, si conciliano con gli stili che rimandano ad un periodo della Storia e dell'Arte in cui simbolismo, manierismo, impulso eroico, Dannunzianesimo si ponevano come momenti di transizione tra romanticismo, pragmatismo, razionalismo; più semplicemente: tra '800 e '900.
In questo ci giustifica anche il sapore retorico sia delle opere che delle riflessioni dei fotografi del "Namias". E' la serietà e la coerenza dei loro lavori che, al termine della nostra visita, hanno indotto Mario Stellatelli a prendere contatto subito con Lagrasta per poter "entrare nel gruppo".
Quale migliore riconoscimento?


Rocco Casaburi - stampa all'olio



Giorgio Rigon
(Dipartimento Comunicazione FIAF)



(1) BARBARO P. "Luce, tempo, carta, storia" da Presentazione Esposizione Collettiva 1995.
(2) "<Midcult> ricordiamo, è per Macdonald un riflesso volgarizzato dell'alta cultura, che finge di rispettarne i modelli ma, in realtà, li annacqua e li volgarizza, non è un miglioramento della <mass-cultura>, come potrebbe apparire a prima vista, ma corruzione che si fa passare per alta cultura, un ibrido nato dai rapporti contro natura tra alta cultura e cultura di massa ..." (LARONI G., "Realismo Americano", Marsilio, Venezia, 1980.)