TECNICHE
ANTICHE
AL
GRANDANGOLO
DI PARMA
     LUIGI MALIZIA
     SULLE ORME DELLA FOTOGRAFIA
     


 


Metodo Namias
ai sali di ferro
con viraggio
all'acetato di piombo



 



Impegno, bravura, originalità...
Si può disquisire a lungo o cercare fiumi d'inchiostro su quelli che dovrebbero essere i termini portanti di un'auspicabile strategia culturale dell'immagine ma, di certo, prerogative come quelle succitate corrono il serio rischio di rimanere invischiate nelle sterili maglie di un'inutile incongruenza discorsiva quando la pur apprezzabile elaborazione delle idee non trovi il suo indispensabile riscontro nella praticità dell'azione.
Giancarlo Basili, Fabio Leoni, Roberto Lagrasta, Paolo Pasini, quattro tra i più rappresentativi componenti l'attivo circolo fotografico FIAF "II Grandangolo" di Parma che, da quanto ho potuto constatare e vedere, penso proprio condividano le mie modeste considerazioni, si sono fatti validi interpreti di un'esigenza sentita quanto legittima: attingere dalle esperienze e dai sussulti pionieristici del passato per meglio comprendere e valorizzare dettami concettuali e tecnici della fotografia al presente.
Un lavoro, quello dei nostri, meticoloso e appassionato, durato circa due anni e imperniato sul magistrale utilizzo di tecniche di stampa ottocentesche quali la carta salata, la gomma bicromatata, i processi Kalitipici (stampe ai sali di ferro), carta seppia e Van Dyke Brown-Printing, metodo Namias, cianografia; un lavoro che in fase di organizzazione e realizzazione, è doveroso dirlo, ha coinvolto ammirevolmente l'intero sodalizio di via Argonne. Il serio impegno, l'originalità dell'idea, il lodevole affiatamento, non avrebbero potuto far di meglio che partorire un apprezzabilissimo quanto meritato frutto: una mostra di inequivocabile valore culturale e tecnico, costituita da immagini suadenti e suggestive, permeate di quel sapore antico che rende autenticamente veri sentimenti e cose.
Una città, Parma, inusuale ai giorni nostri, avvolta in un magico alone di silenzi arcani, a tratti, oserei dire, struggentemente misteriosa. In definitiva, un salutare tuffo nel passato, a ricreare ritmi e cadenze di un mondo per certi versi a noi lontano eppur sì parte integrante nel processo evolutivo del nostro divenire.
Solamente un doveroso e lodevole omaggio, peraltro forse unico nel suo genere, ai centocinquant'anni della fotografia testé trascorsi? O non piuttosto, anche e soprattutto, un'iniziativa che, in era di automatismi e tecnologie avanzate, vuole indurre alla riflessione e, conseguentemente, a riattivare nell'uomo i naturali congegni di una fantasia e di un'intima "libertà operativa" in via di logoramento e di estinzione?
Nel lusinghiero successo di critica e di pubblico, che ha indotto gli organizzatori a rendere la manifestazione itinerante, penso graviti, sufficiente ed esplicativa, la risposta ad ogni interrogativo.


Luigi Malizia